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Il Burnout e le Professioni Sanitarie

Che cos’è il Burnout?

Il burnout è una sindrome di disagio psicofisico (può essere considerato come un tipo di stress lavorativo) che colpisce le professioni coinvolte quotidianamente in attività che comportano continue relazioni con persone che vivono una situazione di disagio e sofferenza: le cosiddette professioni di aiuto.

#Burnout e #ProfessioniSanitarie: una sindrome di disagio psicofisico, che colpisce le cosiddette professioni di aiuto. #ECM #FAD Condividi il Tweet

Storia del Burnout

Il termine burnout, che in italiano può essere tradotto con bruciato, esaurito, scoppiato, viene usato per la prima volta in ambito sportivo nel 1930; attribuito agli atleti che, dopo aver ottenuto importanti risultati e successi, non erano più in grado di dare nulla dal punto di vista agonistico non riuscendo a migliorare o mantenere i traguardi raggiunti.

Lo stesso termine è stato poi ripreso nel 1970 da una psichiatra statunitense, la Dr.ssa Cristina Maslach, per indicare un insieme di disturbi comportamentali che colpivano i professionisti coinvolti in relazioni interpersonali con grande impatto emotivo.

La sindrome viene descritta come una perdita di interesse da parte dell’operatore verso le persone a cui è indirizzata la sua attività. Inizialmente associato alle professioni sanitarie, quindi assistenziali, negli anni ha visto il coinvolgimento di tutte le categorie di lavoratori a contatto costante con il pubblico.

La sindrome del #Burnout viene descritta come una perdita di interesse da parte dell'operatore verso le persone a cui è indirizzata la sua attività. #ProfessioniSanitarie #ECM #FAD Condividi il Tweet

Nel 1987 viene definito come depressione professionale che si manifesta attraverso 3 dimensioni:

  • esaurimento emozionale
  • depersonalizzazione
  • riduzione delle capacità personali

Quali Sono i Fattori Scatenanti?

Il burnout si sviluppa più frequentemente in quelle situazioni dove è molto evidente la discordanza tra la natura del professionista e quella dell’ambiente lavorativo.

Viene spesso ritenuto genericamente un problema individuale riconducibile a caratteristiche caratteriali, comportamentali e di capacità lavorative.

Molti studi hanno invece dimostrato che il problema non è solo individuale ma anche sociale. Dipende dal contesto lavorativo, dalle modalità con cui le persone interagiscono e da come il professionista ricopre la propria mansione. Per questo motivo può essere contagioso e coinvolgere l’intera struttura organizzativa.

Storie di burnout raccontano di persone che amano profondamente il loro lavoro, che per anni gestiscono in modo esemplare i doveri lavorativi e i rapporti interpersonali, ma che ad un certo punto iniziano a percepire che le cose stanno pian piano cambiando. Avvertono situazioni di disagio e tensione con una diminuzione dell’impegno verso il lavoro con la sensazione di non avere più nulla da offrire ai pazienti/utenti.

I principali fattori che possono contribuire a scatenare il burnout sono: eccessivo carico di lavoro, monotonia delle attività lavorative, richieste non pertinenti con il proprio ruolo, riorganizzazioni del personale.

Intervengono inoltre fattori personali: l’introversione, la tendenza a porsi obiettivi irrealistici, stile di vita iperattivo, il sentirsi indispensabili, totale abnegazione al lavoro.

Sintomi della Sindrome

I sintomi possono essere sia di tipo psichico che fisico. Si arriva ad una vera e propria manifestazione patologica, con il paziente che si sente stanco, esaurito, prova una sensazione di fallimento, con perdita di interesse per il proprio lavoro e indifferenza verso gli utenti; si aggiunge inoltre un malessere fisico generale con sviluppo di sintomi quali: insonnia, vertigini, inappetenza, crisi di ansia, problemi gastrointestinali.

Il disagio, avvertito inizialmente in campo professionale, raggiunge anche la sfera personale con abuso di alcool e di sostanze psicoattive.

Sintomi della Sindrome del #Burnout: esaurimento emozionale, depersonalizzazione, riduzione delle capacità personali #ECM #FAD Condividi il Tweet

Riassumendo, le 3 dimensioni tipiche del burnout sono:

  • Esaurimento emozionale. E’ la prima reazione che si manifesta in seguito a stress prodotto da sovraccarico di lavoro o da cambiamenti importanti. In questo stadio la persona è esausta sia a livello emozionale sia fisico. Non ha più stimoli per affrontare nuovi progetti, prosciugata e incapace di recuperare energia
  • Depersonalizzazione. In questa fase si ha un distacco nei confronti del lavoro e delle persone che incontra sul lavoro, viene ridotto al minimo il coinvolgimento emotivo fino ad un abbandono dei propri valori. Ci si sente protetti da un atteggiamento di indifferenza e distacco verso l’attività lavorativa
  • Riduzione delle capacità personali. L’operatore percepisce di non essere più in grado di aiutare nessuno, di essere inutile, di non essere più in grado di gestire le necessità dell’utenza. Questo porta alla compromissione dell’efficacia lavorativa e ad un peggioramento delle prestazioni professionali a carico degli utenti

Quali Sono i Profili Professionali Sanitari Più a Rischio?

Tutti i profili professionali sanitari sono particolarmente esposti al rischio di burnout. Negli operatori sanitari è frequente un disequilibrio tra le domande e le risorse con un livello elevato di richieste superiore alle risorse disponibili.

Molti studi riguardano gli infermieri, tra i quali si riscontrano più casi di burnout rispetto ad altre categorie professionali, a causa di un contatto diretto e prolungato con i pazienti con un forte coinvolgimento emotivo contrapposto ad una scarsa soddisfazione lavorativa.

Numerose ricerche sull’argomento hanno evidenziato inoltre un’incidenza di burnout più elevata all’interno delle strutture che trattano le patologie croniche e terminali: il fallimento della cura viene percepito come un fallimento personale.

Tutti i profili professionali sanitari sono particolarmente esposti al rischio di #burnout. Per gli #OperatoriSanitari è frequente un disequilibrio tra le domande e le risorse con un livello elevato di richieste superiore alle risorse… Condividi il Tweet

Nei reparti di Terapia Intensiva, uno studio ha evidenziato che il 30% degli infermieri e il 40% dei medici incorre nei sintomi del burnout.

Per quanto riguarda i Medici di Medicina Generale Secondo lo “Studio internazionale sul burnout nei medici di famiglia europei”, il 30-40% dei medici, che hanno in media 50 anni, soffre di burnout a un livello tale da influenzare le prestazioni professionali.

In merito all’età anagrafica, risultano più insoddisfatti i soggetti anziani sia anagraficamente che professionalmente. Il burnout è quindi un fenomeno che si aggrava nel tempo e non legato all’inserimento lavorativo.

Numerose ricerche condotte sul #burnout hanno evidenziato un'incidenza più elevata all'interno di strutture che si occupano di patologie croniche e terminali | #ECM Condividi il Tweet

Il dato allarmante è che il numero di medici a rischio burnout è in continua crescita, aumentando in modo esponenziale e ripercuotendosi negativamente sull’efficacia professionale con una riduzione della qualità delle prestazioni.

Perché è Importante Lavorare Sulla Prevenzione?

Prevenzione e formazione sono fondamentali per la gestione del rischio che i professionisti devono affrontare per garantire prestazioni di qualità e, nello stesso tempo, mantenere un equilibrio di benessere personale e professionale.

Dato che il burnout è visto non solo come un sintomo di sofferenza individuale ma un indicatore di lacune organizzative, è importante curare tutti gli aspetti che riguardano le attività operative attraverso la promozione della salute nei luoghi di lavoro: incoraggiare gli operatori a definire obiettivi realistici, organizzare programmi di formazione, distribuire il carico di lavoro, definire dei modelli di gestione, predisporre un sistema di monitoraggio e supervisione periodico.

Prevenzione e formazione sono fondamentali per la gestione del rischio di #Burnout | #ECM Condividi il Tweet

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